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domenica 9 giugno 2013

Conoscersi è un po' morire


Cosa vuol dire davvero conoscersi, avere piena coscienza di sé, delle proprie aspirazioni, dei propri sogni, dei propri pensieri, delle proprie inclinazioni? Oppure sapere esattamente come si reagirebbe in determinate situazioni? Per quanto si possa cercare di analizzare la propria psiche, rimarrà sempre un angolo nascosto, in cui si anniderà tutta la polvere che non riusciremo a spazzare via. Credo sinceramente che l'animo umano sia in continua evoluzione, e che per questo motivo non sia possibile scattarne un identikit completo che sia valido sempre. Siamo limitati all'istante, legati al presente. 

Soltanto nel momento in cui ci interroghiamo su di un argomento di noi stessi possiamo davvero dire di conoscere quel tratto, ma resta una conoscenza limitata nel tempo. L'indomani sarà di nuovo una nuova avventura, una nuova scoperta alla volta di quello che si cela sotto la nostra pelle, al di là del nostro respiro e del suono sordo dei battiti del nostro cuore. La vita è interessante e straordinaria anche per questo, non ci si può mai fermare davanti ad essa, bisogna rincorrerla senza sosta, dall'inizio fino alla fine, fino a quando avremo il fiato per farlo.
Ho provato diverse volte a “disegnare” un'immagine, seppur sommaria, di questi piccoli tratti scoperti per caso. Il risultato sembra essere soltanto un cumulo di pezzi di tanti puzzle disposti in maniera casuale sul tavolo. Non ci sono elementi comuni, non hanno stessa forma, né stesso colore. Non ci sono pezzi dall'incastro perfetto, ognuno porta con sé una propria data, un proprio insegnamento e lo stesso pezzo sembra ingiallire con il tempo, smussare i propri angoli con il passare delle situazioni che lo stravolgono. E' impossibile conoscere se stessi, come se nel momento in cui ci rendessimo conto di chi siamo davvero morissimo un po' dentro. La vita è movimento, è cambiamento, per questo cercare di immobilizzarla non può far altro che arrestarla. Stare seduti immobili per tanto tempo provoca dolore, sdraiati per giorni delle piaghe sul nostro corpo. Questa non è che una testimonianza del nostro destino di essere in costante moto, senza una precisa direzione, definita da chissà quale posizione dei corpi celesti nel momento della nostra nascita. Non ci resta altro che tentare e ritentare, aggiungere man mano un pezzo al nostro puzzle, cambiarne qualcuno, ricolorarne un altro. Ogni granello di sabbia che si aggiunge alla nostra clessidra apporta nuove facce al poliedro del nostro essere, nuove ambizioni, progetti, conoscenze, desideri, sogni.
Spesso la conoscenza di noi stessi è legata a chi ci è intorno. Molte volte interrogo gli altri piuttosto che interrogare me stessa, lasciarsi giudicare in maniera critica può essere utile, se si sa bene cosa farne del giudizio altrui. E' certo difficile capire se si tratta di un giudizio sincero, e questo apporta altre variabili al quadro del nostro essere. Non abbiamo un Basil Hallward pronto a raffigurarci, dobbiamo sporcarci un po' le mani in questa operazione, mischiare colori nella tavolozza, correggere, cambiare tela, riprendere il vecchio pennello per ripercorrere una pennellata già vissuta. Le persone che ci accompagnano, che si affacciano nel nostro atelier possono macchiare il nostro dipinto come possono anche incorniciarlo.
L'importante in questa grande avventura della conoscenza di sé è non perdere di vista noi stessi, non accanirsi troppo nel vano tentativo di scorgere ogni minimo riflesso, altrimenti rimarremo incastrati in questo gioco di specchi senza trovare mai l'uscita. Non bisogna pensare che la perfetta coscienza di se stessi è l'unica via per vivere, è sicuramente uno stimolo, una ricerca da mantenere costante. Tuttavia bisogna tenerla in sottofondo, non si può metterla in primo piano altrimenti si rischierebbe di non viverla affatto, nell'ostinazione di voler per forza racchiudere una lucciola in un barattolo per poi vederla spegnersi mano a mano. La preziosità sta nel saperla ammirare da lontano, in una calda notte di giugno con il suono dei grilli che ci accompagna nella ricerca di quel piccolo scintillio intermittente, vederlo sorvolare le spighe di grano, apprezzarne la straordinaria fattezza, considerare l'incredibile complessità di un piccolo essere in grado di godere di luce propria. Siamo come tante lucciole di notte, nella ricerca di noi stessi, con l'aiuto della sola nostra piccola lampadina, che funziona ad intermittenza e non ci permette di avere una visione globale di quello che siamo. E ogni tanto la vicinanza di qualche nostro pari ci permette di scorgere una nuova sfaccettatura del cammino che abbiamo davanti, ma si tratta pur sempre di un istante, di un misero secondo di una vita che ne contiene milioni.

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