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sabato 19 ottobre 2013

La scena di un film: il nostro.

Sottofondo musicale di Sleep away di Bob Acri.  
La scena si apre in una fredda sera d’autunno inoltrato, nel lussuoso bar a piano terra di un hotel lei sorseggia il suo brandy seduta al bancone, con aria assente, persa in qualche pensiero lontano nel tempo e nello spazio. Lui, alto fiero, bell’aspetto di chi sa il fatto suo, le si avvicina. Colta da un automatismo lei posa il suo bicchiere, si alza e si lascia accompagnare al centro della pista. La musica sembra aumentare di intensità e le movenze di un lento portano i loro corpi ad un dolce sfiorarsi e cullarsi l’un con l’altro.


Classica scena di un film americano? Forse. O semplicemente la medesima evocazione di due menti affini al primo ascolto di una canzone. Quanto si può essere mentalmente vicini? Fino a condividere le immagini dettate dalla propria fantasia? Le amicizie pure, quelle senza freni, senza limiti, niente censure, niente filtri, zero giudizi, sono anche quelle che ci regalano le emozioni più intense e tangibili. Quando si arriva a condividere con tanta facilità la propria vita privata, i pensieri più nascosti, i punti deboli, si è giunti ad un punto di non ritorno. Non è pensabile poter perdere la confidenza acquistata con tanta prepotenza, quella curiosità che ti spinge a chiedere all’altro di tutto, nell’esatto istante in cui la domanda ti brulica in mente.
Si passa per sentieri scontati, discussioni sul più e il meno, sul tempo, sui passatempi e si arriva a dei veri e propri picchi di significato, frasi dette a cuor leggero sulle proprie corde più nascoste, più intime. Si può parlare ore del significato della vita, dei propri sogni infranti, delle aspirazioni future, delle questioni che da millenni interrogano l’animo umano. E poi d’un tratto, senza soluzione di continuità, si passa alla presa in giro, al gioco frivolo e sempre divertente, che regala un po’ di brio ad una discussione che letta dal di fuori potrebbe essere senza senso, mentre per i due partecipanti è una vera e propria danza con tutti gli elementi che la caratterizzano: l’invito, il pudore dei momenti in cui i due corpi si avvicinano, la vergogna per il calpestio dei piedi, l’imbarazzo per un passo falso, l’allontanarsi per poi tornare a riprendersi per mano. Se fosse un cartone animato, dipingerei la scena con noi due che chiacchieriamo sullo sfondo, e sopra le nostre teste quanto appena detto: due figure intente a ballare con i contorni soffusi e un’atmosfera ovattata con scie di colori sui loro passi.
Quando si trovano due anime affini così non si può lasciar passare l’accaduto come se nulla fosse, va celebrato, va coccolato, bisogna prendersene cura e non lasciarlo al caso.

Vorrei poter creare qualcosa che testimoni tutto questo, qualcosa di tangibile come quel libro di cui tanto abbiamo parlato, una raccolta di tutto quello che ci ha condotto fino a questo punto, dalle discussioni senza senso, ai doppi sensi, ai giochi di parole, ai riferimenti erotici, alla procreazione in vitro, alle scenette comiche su un lettino sulla spiaggia e alle proposte di danze del ventre. Niente deve andare sprecato. Tante amicizie nascono, ed altrettante nel lento passare dei giorni semplicemente muoiono, senza che nessuno ne abbia cura. Per questo mi serve qualcosa che attesti ciò che nel mio cuore è così chiaro, proprio come tre parole nere incise su foglio bianco: “Ti adoro, punto.” 

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